sabato 30 aprile 2005

Le elezioni del 2005


Il 20 settembre del 2004, dopo cinque anni di solitaria opposizione, con una lettera, Civitas lanciò un appello a tutte le forze che in teoria avrebbero dovuto voler porre fine alla stagione di malgoverno del nostro Comune, a cominciare dai partiti almeno nominalmente presenti sul territorio.

Ci furono, nelle settimane seguenti, diversi incontri, che non produssero alcun esito serio. I convenuti erano competamente immersi nelle solite vecchie logiche: dicevano una cosa in pubblico e ne decidevano un’altra in privato, straparlavano di “ruolo dei partiti” e di “recupero della chiesa locale”, e si mostrarono interessati quanto e forse più degli stessi amministratori in carica a cercare di mettere la museruola ai disturbatori di Civitas. Fu la dimostrazione che era vera una nostra intuizione fondamentale, cioè che a Sant’Andrea esiste un solo bipolarismo, e perfetto. Quello tra le persone libere e disinteressate da una parte, e i funzionari dello status quo dall’altra, gli strateghi della politica politicante.

Prendemmo atto, quasi subito, che non esisteva nessuna volontà di cambiamento della situazione reale.

Si andò così delineando, prima e dopo le nuove elezioni, quel quadro desolante che avrebbe portato alla quasi scomparsa di Civitas, vista l’inutilità del fare e del pensare in un paese senza futuro, in cui tutto è già stato detto una volta per sempre.

Senza più Civitas, ostinata a “mettere in discussione la gestione democratica e a turbare l’ordine pubblico” (sono parole di Pino Soriero, 27.09.2001), comparve una finta lista (non a caso chiamata "Pace per Sant'Andrea”) e una (altrettanto finta) chiamata “Ora et Labora”. Con quest’ultima la maggioranza si impegnerà, ogni tanto, in qualche finta schermaglia di poco conto e da copione, ottenendo il prezioso risultato di riuscire a simulare, agli occhi dei più, la presenza di un'opposizione capace di creare ostacoli e problemi nel percorso di un governo del paese del tutto arrogante e fallimentare di suo. Naturalmente, nonostante ciò che la propaganda riuscì ancora una volta a imporre come credenza, la realtà era ben diversa. L'opposizione smise di esistere, smise di informare, smise di avere un senso. Oggi sappiamo che “Ora et Labora” è stata l'invenzione più geniale di Primavera Andreolese. Guidata da uno dei tecnici di fiducia dell'amministrazione, irrompe sulla scena dal nulla, preoccupata almeno quanto gli amministratori di sbarrare la strada a Civitas, e costringe molti a votare direttamente per Primavera Andreolese piuttosto che per un suo surrogato. Fa resuscitare, e legittima, metodi e logiche che sembravano perduti nel passato o prerogativa dei maggiorenti in carica. Garantisce, dopo l’aventino di Civitas, una nuova, apparente, normalità istituzionale e, nello stesso tempo, rinuncia a ogni seria iniziativa di controllo e di informazione. La maggioranza ha le mani libere e la faccia salva. Il solo nome “Ora et Labora” dimostra l'abissale distanza dai concreti problemi del paese e rimanda a un moralismo bigotto, falso perché interessato, inconcludente. E come potrebbe, un gruppo con un nome del genere, contrastare una maggioranza clerical-socialista? Così, tornato il nostro reverendo ingegnere ai suoi incarichi di fiducia ed alle sue orazioni (laborat et orat), Giulio Calabretta si autoproclama “prima opposizione costruttiva della storia del paese”. In seguito Pietro Aloisio prende una posizione solitaria e autonoma (e ricomincia ad esser preso di mira), mentre, dopo la surroga dei primi quattro eletti, i consigli comunali si tengono attorno a un tavolo fra buoni amici e buoni sentimenti. Tutte le questioni davvero serie (bilanci, soldi, scelte fondamentali, programmazione, futuro) sono avvolte dal silenzio e dal buio. Alle elezioni del 2010 Carlo Renda, ex stratega "orante et laborante", sarà candidato direttamente con Primavera Andreolese. Il sistema è salvo. L’ordine regna a Varsavia.

I cinque documenti che seguono (due prime pagine di “Parrasuni” e tre relazioni del presidente all’assemblea di Civitas), tutti appartenenti a chi scrive, possono dare un’idea delle questioni sul tavolo in quei giorni.


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Assemblea di Civitas del 28 novembre 2004
relazione del presidente Pasquale Cosentino

[…] E’ giunto il momento di decidere cosa fare da grandi…l’assemblea deve giungere a una conclusione…Bisogna prendere una decisione importante per noi e per gli altri, ed è quindi il momento di tirare alcune somme: dobbiamo perciò parlare di noi e di quelli che sono (secondo gli altri) i tre “reati gravi” commessi da Civitas.

1. nascita di Civitas (i primi due reati)
Civitas è nata perché un gruppo di persone libere, di diversa provenienza, si sono opposte non a un deliberato popolare, ma a una congiura di palazzo, al fatto che una buona esperienza amministrativa dovesse finire perché non conveniva più vederla in vita a coloro che si credono i padroni di Sant’Andrea. Questo è nel nostro Statuto e nel nostro “certificato di nascita”. Se e quando sarà il momento, noi cambieremo il nostro “certificato di nascita” per nostra autonoma decisione, e non perché qualcuno adesso ci chiede di farlo per sue convenienze. Civitas (questo è il primo “peccato” o “reato grave”) si era già macchiata di lesa maestà organizzandosi in lista per contrastare ciò che non doveva essere contrastato, e per difendere ciò che non doveva essere difeso. Ma molti speravano che, come si usa da queste parti, dopo le elezioni, tutto sarebbe tornato a posto, e come prima. E qui Civitas ha commesso il suo “secondo reato”, sempre di lesa maestà: ha ritenuto di doversi organizzare, crescere, radicare nel territorio per continuare a dire l’indicibile e a pensare l’impensabile. Peccato che da queste parti l’indicibile e l’impensabile coincidano con l’alfabeto minimo della democrazia, della legalità, della partecipazione dal basso, della laicità, della trasparenza, della libera circolazione del pensiero, cioè con quelle acquisizioni che altrove sono pacifiche e che a Sant’Andrea, grazie all’azione ostinata e costante del gruppo politico attualmente al potere, con buona pace di ogni pretesa “vivacità culturale”, sono ancora eresia. Avendo toccato queste questioni, essendo andata al cuore dei problemi veri di questo paese, avendo testimoniato la necessità di una cultura della cittadinanza, contrapposta a una politica politicante decisa da pochi e riservata a pochi, ed essendosi in questo innestata nell’esperienza della precedente amministrazione (che ha rappresentato una cesura importante…chi parla di “omogeneità ventennale” di “ventennale predominio” dice una crassa stupidaggine) Civitas rappresenta l’idea politica più bella sorta a Sant’Andrea negli ultimi anni, un piccolo miracolo politico, sociale e culturale.

2. l’ultimo quinquennio e i partiti
Sulla base di ciò si è fatta, inevitabilmente (non ci può essere pace se non c’è giustizia e diritto. Il “buonismo” è già indigeribile in se stesso figuriamoci quando diventa un luogo comune, poco ragionato e molto interessato), legittimamente, opposizione per 5 anni… Tutti conosciamo la logica e la prassi costante di questa maggioranza. I grandi partiti dov’erano, mentre si faceva carne di porco di ogni principio di trasparenza, di equità e di democrazia? Dov’era l’intellighenzia che fa politica per “dovere morale” e per “mettere al centro l’uomo” mentre noi eravamo discriminati o diffamati? Dove sono ancora oggi di fronte alle strumentalizzazioni e alle menzogne? Dov’erano di fronte ai fatti gravissimi che noi abbiamo reso di pubblico dominio (ultimo l’autosospensione)? Ebbene: erano prudentemente e comodamente appartati nell’ombra, ben attenti a non disturbare i manovratori, intartufati per fare la solita politica furba degli addetti ai lavori, impegnati a far finta di dover capire se Civitas era un movimento o un partito, se era politico o culturale, di destra o di sinistra, con Ciccio o senza Ciccio. Erano nell’ombra, tanto surgelati dal timore delle ritorsioni della maggioranza quanto indispettiti dall’indipendenza di noi opposizione. E in quest’ombra qualcuno ha avuto incarichi, qualcun altro contributi, gli altri hanno vissuto in pace.

In questi ultimi cinque anni i partiti sono progressivamente spariti. Si sono imboscati come non avevano mai fatto. Perché con l’amministrazione precedente era finito anche il tempo in cui ci si poteva esporre senza rischi, in cui si poteva essere dipendenti comunali e segretari di un partito dell’opposizione, in cui si poteva essere architetto, lavorare e schierarsi contro il sindaco, essere ingegnere e andare al comune senza cartelle vuote sotto al braccio, il periodo in cui si poteva scrivere, volantinare, fare propaganda (anche menzognera), rifiutare tradizioni, manifestazioni e devozioni, presentare esposti, interpellanze, censure e quant’altro. In poche parole con l’amministrazione precedente è finito il tempo della politica […] Oggi c’è posto solo per il populismo dei feudatari che reggono il paese, lo controllano e l’asfissiano, e saremmo immersi completamente in una cortina di fumo, di paura e di silenzio, se non ci fossimo stati noi a resistere in qualche modo. E abbiamo resistito da soli.

3. il contatto
Ora, a 5/6 mesi dalle elezioni, i partiti, con mille cautele e mille sotterfugi e calcoli, sono tornati in gioco. Ma la politica non è un gioco. In virtù del fatto che siamo stati gli unici ad essere coraggiosamente presenti in tutto questo tempo sarebbe stato perfettamente legittimo per noi, nel cercare alleanze, rivendicare primogeniture e prerogative. Non lo abbiamo fatto. Abbiamo mandato una lettera, il 20 settembre scorso, a tutte le forze teoricamente potenzialmente interessate a cambiare le cose, a tornare alla democrazia. Quella lettera non conteneva nessuna pretesa e si limitava a lanciare un appello, precisando solo che il minimo comune denominatore per cominciare una discussione non poteva che essere un giudizio inequivocabile sull’attuale malgoverno del paese.


Trascorsi due mesi mi pare che siano emerse tutte le contraddizioni che la nostra impostazione e la nostra esperienza sono in grado di portare all’interno di un sistema di cattive abitudini così consolidato.
Cosa abbiamo ottenuto da questi contatti?: richieste di incontri segreti, chiacchiere su una presunta “crisi” dei partiti che sarebbe finita, ciance sui “personalismi”, il “predominio delle sinistre”, il “recupero” della chiesa locale (illusorio, dico io, e comunque è miserevole questa concezione della chiesa locale come soggetto politico tra gli altri), richieste di un cosiddetto “passo indietro”, sostanziale indifferenza delle posizioni, pregiudiziali, retorica stomachevole dello “sguardo in avanti”.

4. ciò che ci può distruggere
in questo abbraccio noi rischiamo di soffocare, e rischiamo di buttare a mare tutto ciò che abbiamo costruito, la sostanza della nostra esperienza:


-i sotterfugi, gli incontri nascosti, puzzano di muffa: puzzano della muffa del vecchio modo di intendere la politica, che ha rovinato questo nostro paese, e non hanno niente a che fare con noi;
-le decisioni prese da pochi in sede riservata puzzano di muffa…
-le trattative segrete, parallele a quelle ufficiali, puzzano di muffa…
-la mancanza di un qualsiasi scatto di fantasia e di progettualità originale nel leggere la realtà locale puzza di muffa…
-il nicodemismo avvilente puzza di muffa…
-il gioco delle parti politiche, come se fossimo al governo della nazione e non stessimo invece tentando di occuparci del nostro paesello, è ridicolo, puzza di muffa…
-l’assoluta mancanza di ogni volontà laica (il problema è solo accreditarsi verso i depositari di non si sa cosa) puzza di muffa…
-il rifiuto di dare un giudizio onesto e chiaro, come fanno tutte le persone adulte e mature, puzza di questa muffa…

Se accettiamo tutto questo vuol dire che finora abbiamo scherzato. E se è stato bello condividere questa esperienza con tutti voi, è stato anche troppo troppo faticoso per poterla adesso regalare in dote a chi è stato, finora, seduto dove si stava più comodi. Quando abbiamo scritto quella lettera volevamo fare un tentativo, senza troppe illusioni. Adesso che interessa più loro che noi non vorrei che le nostre illusioni fossero pericolosamente aumentate […]
Se avessero voluto cambiare le cose ci avrebbero affiancati prima. Avrebbero chiesto loro di parlare, tutti, prima di tutto, con noi. Se così non è stato è perché forse non hanno davvero interesse a proporsi come alternativa […] forse non c’è nessuna novità vera in campo, forse sono semplicemente interessati a un cambio di facce o di sigle.
Rimane comunque il problema della gente comune, che in questa analisi abbiamo trascurato quasi fossimo stati presi anche noi dal virus della vecchia politica.

5. il terzo “reato”
Dobbiamo però anche parlare del terzo reato commesso da Civitas, perché non farlo significherebbe non voler capire di cosa stiamo davvero discutendo. Il terzo reato ha un nome e un cognome: si chiama Ciccio Cosentino.
Ciccio Cosentino non ha avanzato finora nessuna pretesa, ma è come lo spettro del famoso manifesto…tutte le potenze della “vecchia Sant’Andrea” (preti, tecnici, costruttori, rappresentanti di se stessi…) sono ossessionate e alleate, da tempo, in una santa caccia spietata contro questo spettro. Bene: Ciccio Cosentino ha mille difetti, che nessuno conosce più di me, ma è stato un eccellente curatore delle pratiche amministrative, e un amministratore giusto. Fin dai tempi del famoso “lotto 19”. Io gli sono grato come cittadino e come figlio. Non accetto di trattarlo a pesci in faccia solo perché qualcuno potrebbe pensare che difendo un mio congiunto o perché questo può far piacere a qualche potere forte di casa nostra.
Se è diventato il nemico pubblico numero 1, io gli do la mia testimonianza e la mia solidarietà, per un fatto morale (il dovere di stare accanto a chi subisce un’ingiustizia non è prerogativa dei presunti “compagni”) e per un motivo politico (questi linciaggi sono la prova del degrado nel quale certi soggetti hanno precipitato il paese). Tutto questo non può non interessare chi dice di volersi occupare di politica locale. Se un candidato in pectore mi dice che queste cose “non gli interessano”, non è il mio candidato. Evidentemente i suoi interessi sono…ben altri e…ben noti! Altro che sguardo al futuro!

6. la proposta
Continuiamo a fare quello che abbiamo fatto e che facciamo in pulizia e meglio: vera informazione, vera cittadinanza, vera cultura. Facciamo crescere il sito e il giornale, apriamoli ai più diversi contributi, organizziamo convegni sulle questioni che davvero interessano questa comunità. Aspettiamo di veder crescere, incoraggiata dalla coerenza del nostro impegno, una generazione successiva.

[…] Non ci sono, a mio avviso, le condizioni per discutere con nessuno che non abbia il coraggio di dare un giudizio netto sugli ultimi anni; che non abbia il coraggio di dichiarare pubblicamente che rispetta il lavoro di Civitas e vuole condividerne lo sforzo per tentare di cambiare; io non vado a ratificare la candidatura e le condizioni di nessuno. Io non ho nessuna storia da rinnegare o da dimenticare.


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Assemblea di Civitas del 12 dicembre 2004
relazione del presidente Pasquale Cosentino

[…] In pochi giorni si può passare dall’avere qualche perplessità, e qualche dubbio, a nessun dubbio…ora io dico basta […]


Dopo la lettera del 20 settembre ci sono state le ambiguità che sapete: incontri segreti, richieste stravaganti di “azzeramento”, di “passo indietro”, ecc.
In un modo o nell’altro, dopo l’assemblea, siamo arrivati all’incontro di domenica scorsa in cui ancora hanno provato a parlare di “zoccolo duro”, di fine delle “dietrologie” (?) ecc. […] tuttavia quell’incontro si era concluso in modo positivo: ci siamo lasciati (aggiornandoci a mer 8) con questo accordo: pari dignità, rispetto della storia e dell’autonomia di tutti, intoccabilità di Parrasuni, programma e uomini da concordare dopo e insieme […]

Mer 8 tutto era cambiato: ora, se un venditore concorda col suo compratore uno sconto massimo del 30% e tre giorni dopo il compratore chiede il 50 o addirittura il 70%, l’affare non si può fare. Il compratore non è persona seria […]
La sera dell’8 eravamo tornati indietro su tutto (doppio inganno: continuiamo a trattare con un interlocutore che gioca con due mazzi): hanno cominciato col chiederci di bloccare una nostra possibile risposta al volantino del 7 dicembre; hanno proseguito permettendosi di rimettere in discussione l’autonomia di Parrasuni; continuano a chiedere “passi indietro” e non dicono di chi; sostengono che gli amministratori attuali in fondo non sono male: siamo noi che “non li abbiamo capiti”! Ed allora ecco che i conti non tornano: […] ora capisco perché al congresso UDC si è parlato di tutto fuorché della situazione politica locale! E’ normale in un congresso cittadino? Può accadere altrove oltre che in questo paese di talpe e di tartufi? Verso la fine della riunione hanno gettato la maschera: il capolista, è stata l’incredibile affermazione, deve “necessariamente” venire dai partiti. E non saprei dire se è più sciocca e grottesca tutta l’affermazione, il modo in cui è stata fatta, o la circostanza che fosse condita da quel “necessariamente” […]

Ora io dico basta […] molta di questa gente li ha già votati […] non hanno mai condiviso il nostro modello, hanno allergie inguaribili rispetto a qualcuno di noi; alcuni non riescono neppure a mettere piede nella nostra sede […] da dove sono arrivati adesso? […]
Ditemi dove sono, nella loro impostazione, con questi tabù e queste abitudini, i cittadini di Sant’Andrea (e i cittadini ci sono, sarebbe un errore non crederlo…arrivano tante e-mail di giovani che ci incoraggiano ad andare avanti, che timidamente si accostano perché finora nessuno ha insegnato loro a partecipare, ad essere presi in considerazione), […] se quelli che dovevano essere i nostri alleati sono convinti di poter fare la politica chiusi nelle macchine, se sono convinti che Parrasuni come strumento debba andare in soffitta (che è esattamente la speranza dell’attuale sindaco) qual è la differenza con i nostri avversari?
Il 95 rompemmo subito con un partito perché poneva una pregiudiziale. Forse alcuni protagonisti di quella faccenda lo hanno dimenticato. Io condivido quel metodo…sono invece ormai anni che aleggiano pregiudiziali che ci hanno suggestionato e condizionato. Ho partecipato a 6 incontri, credo di aver fatto più del mio dovere. Adesso basta. Pronuncio un no personale certo, che spero sia anche un no comune.

[Nota: dopo questa assemblea, con decisione unanime, Civitas ha ritirato la sua disponibilità a proseguire con ogni ulteriore “consultazione”]



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La chiarezza vale oro
(Da Parrasuni n. 10 del 10 gennaio 2005)

Quando abbiamo inventato Civitas, volevamo dire basta a una politica riservata agli “addetti ai lavori”, fatta di strategie e trame tessute di nascosto, e presentata ai cittadini solo all’ultimo minuto, come piattino pronto da digerire per forza. Abbiamo scritto in questi anni, firmato, parlato con chiarezza, preso le nostre decisioni discutendo in modo ampio e a porte aperte. Oggi, a meno di tre mesi dalle nuove elezioni, è più che mai necessario usare parole di chiarezza, se non altro per mettere fuorigioco troppi “ho saputo”, “mi hanno detto”, “pare che”, dai quali è e sarà importante liberare il nostro paese, prima che da ogni altra cosa.

Il 20 settembre scorso Civitas ha lanciato un appello a tutte le forze potenzialmente intenzionate a porre fine all’attuale malgoverno del nostro Comune, a cominciare dai partiti almeno nominalmente presenti sul territorio, sia di centrodestra (AN, UDC, Nuovo PSI), che di centrosinistra (Margherita).

Si sono avuti, nelle settimane seguenti, diversi incontri di cui gli ultimi due (5 e 8 dicembre) non solo tra legali rappresentanti ma con delegazioni ufficiali complete.

Nonostante alcune apprezzate disponibilità individuali, tali incontri non hanno avuto nel complesso, secondo noi, esito soddisfacente, ed abbiamo dovuto prendere atto che non esiste ancora una reale disposizione al cambiamento, non solo nei nomi, ma nella sostanza, della situazione attuale.

Se tanti che oggi dicono di voler liberare il paese da una cattiva amministrazione, avessero trovato il tempo, il modo e il coraggio, nell’ultimo quinquennio, di dire almeno una parola, le nostre argomentazioni avrebbero avuto più forza e più efficacia. Invece noi siamo stati i soli a fare opposizione (cioè a rappresentare le ragioni di una Sant’Andrea pulita e trasparente), e tuttavia volevamo superare questo dato, e ci siamo presentati agli incontri senza nomi e senza pretese. Ma la nostra autonomia - passata, presente e futura - la pari dignità e l’identità con cui si può discutere con tutti, non sono patrimonio che si può mettere sul tavolo di una trattativa. Noi non abbiamo storie da “azzerare”, generici passi indietro da compiere (rispetto a chi e per quale ragione?) o paci ingiuste da firmare. Abbiamo condotto una battaglia (politica) giusta, contro la protervia, la demagogia e l’inganno. E bisogna essere ciechi (o avere interesse ad esser ciechi) per non aver visto e non vedere. I partiti in questi anni difficili sono rimasti comodamente in silenzio e nell’ombra. Hanno abdicato al proprio ruolo, anche a quello bene o male sempre esercitato, dimostrando un’incapacità - o una non volontà - di giudizio su fatti che invece non si prestano a nessuna disquisizione salottiera. In questo silenzio e in quest’ombra chi non ha ricevuto incarichi, benevolenza o contributi, quantomeno ha vissuto in pace. E proprio questo silenzio e quest’ombra sono la migliore prova che la descrizione che noi facciamo delle condizioni del nostro paese è drammaticamente realistica.

In un contesto fatto di troppi incontri ufficiosi, paralleli a quelli ufficiali, Civitas ha dunque rifiutato un gioco condotto con più mazzi e su più tavoli. Perciò ha deciso, con deliberazione unanime dell’assemblea degli iscritti del 12 dicembre scorso, di ritirare la propria delegazione da ogni consultazione in corso. Tocca adesso ad altri, dopo tanta vacanza, andare avanti, dimostrare una reale volontà di cambiamento, far piazza pulita, con determinazione, di troppi tabù. Civitas deciderà liberamente (e solo con i suoi organi e nelle sue sedi statutarie e ufficiali, con esclusione - sia chiaro - di ogni altra chiacchiera e/o giurisdizione) se presentare o no una propria lista, o se ci sono le condizioni per votarne un’altra, davvero attrezzata, nei progetti, nei metodi, negli uomini, e nello stile, per prendere il posto degli attuali reggitori del nostro Comune.

Rimangono in piedi tutte le questioni importanti da noi, e da noi soltanto, finora sollevate. Prima fra tutte quella di un nuovo modello di cittadinanza, la fine di certe assurde paure che non si superano certo con gli auguri pop-rock inviati dal sindaco. E’ urgente un orizzonte meno demagogico per la convivenza civile, la fine di una politica che continua ad essere indirizzata dall’esterno e dall’alto, da quei poteri forti locali, quelle lobby di paese (preti, tecnici, imprenditori, priori, presidenti, segretari, addetti vari) che pretendono da sempre un paese conforme alle loro aspettative, che detestano il nuovo proprio mentre parlano di sviluppo, di cultura, di pace e di avvenire. Servono persone in grado di chiamare queste cose con il loro nome, interpellando la gente comune, non strateghi e strategie. Servono persone trasparenti che sappiano anche guardare con rispetto a quanto di buono questo gruppo, che si è ritrovato in Civitas, ha fatto, non solo negli ultimi 5 anni, ma dal 95 ad oggi. Lavoro da riconoscere e far proprio per poterlo proseguire, migliorare, aggiornare e proiettare nel futuro. Senza questo atto di onestà e di coraggio, per noi si tratterebbe solo di voler sostituire Erode con Pilato. E non ha senso. Non si noterebbe la differenza.

Pasquale Cosentino


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Finto commissario, vero podestà
(da Parrasuni n.11 del 31 marzo 2005)

Nella considerazione dell’attuale maggioranza, gli andreolesi sono un popolo di creduloni, incapaci di intendere e di reagire. Se così non fosse, non si sarebbe arrivati a un’estrema esibizione di disprezzo per l’intelligenza della gente, come la presentazione di una lista fantoccio. Ma la pretesa di una sovranità baronale (realmente praticata) in contrapposizione a quella popolare (solo proclamata) non è cosa nuova per questo gruppo politico. L’abbiamo già ampiamente saggiata, tanto per fare degli esempi, con la celebre supersurroga del 1998 (mentre chi fu esautorato allora oggi è tornato ad essere un buon candidato), o con i consigli comunali burla (a cominciare da quelli ribaltati a piacimento 48 ore dopo), oppure ancora con le finte assemblee convocate per “discutere” cose già decise, o con le tante promesse mai risolte in un fatto. Nelle stesse parole di una candidata di oggi, stampate su Elpis ad agosto 2003, rintracciamo la cifra di questa condizione e di questa mentalità: “io non voglio e non so fare politica. A noi cittadini non interessa fare politica: abbiamo già delegato”.

Sarebbe troppo facile ricordare che cosa i più austeri compagni dicevano delle “liste civetta”. Adesso che serve ai loro scopi, una lista civetta è addirittura “atto di responsabilità”. La solita velina narra della presunta necessità di evitare un commissario. Ma tutti sanno che ben altri commissari sono arrivati a Sant’Andrea, grazie sempre e solo a loro. Questa volta il commissario sarebbe eventualmente venuto a gestire nuove elezioni, come è successo a Badolato, e avrebbe quantomeno assicurato un clima meno saturo di condizionamenti e di pressioni.

E’ scattata, infatti, ormai da settimane, la ben nota asfissiante tagliola. Mentre vengono elargiti, “in perfetto stile democristiano”, i graziosi regalini dell’ultim’ora, i satrapi di Primavera Andreolese presidiano le piazze, praticano un estenuante porta a porta, ripassano i propri confusi elenchi e ripetono la loro triste conta, cercando conferme e certezze che non hanno. Chiedono rinunce ai candidati degli altri. Cercano di far paura. Agitano spauracchi e bugie. E in tutto questo sono in campo, al massimo sforzo, con i pezzi più grossi, i pretoriani migliori, la crema, che non può permettersi di veder sfumare vantaggi e prerogative. E viene fuori, perché qualcuno si decide finalmente a raccontare, che anche la volta scorsa si sono mossi così. Noi ci auguriamo che chi è oggetto di queste pressioni sappia finalmente alzare la testa, seguire l’esempio di chi ha smesso di aver paura e reagire da persona libera, con gli strumenti della parola e del voto. E’ la gente comune, in definitiva, che deve dimostrare di non voler essere più presa in giro. I destini di una comunità sono nelle mani dei suoi cittadini, e non in quelle di chi si sente depositario di chissà cosa.

Resta il fatto che Primavera Andreolese chiude in bruttezza, in linea con i suoi esordi e con la sua pratica costante.Un’amministrazione uscente che ha paura di presentarsi da sola, perché teme che nemmeno la metà degli aventi diritto si recherà a votare, riconosce di essere stata fallimentare. Resta il fatto che hanno cercato di nuovo di sottrarsi a un giudizio, e pretendono di essere creduti, come sempre, per diritto divino.


Queste pretese, queste necessità, rappresentano il più grande riconoscimento al lavoro e alle argomentazioni di Civitas. E non è il solo. Tutto in questi anni (ultime settimane comprese) dimostra quanto fosse genuina la nostra intuizione iniziale. In paese bisogna far politica senza l’inganno delle sigle. La grande “politica” dei “partiti”, nei piccoli centri, si rivela sempre più, a destra e a sinistra, tra la finta destra e la finta sinistra, una burla e una frode. Quella del movimento civico e laico rimane l’unica via percorribile per recuperare dignità e democrazia. Civitas rimane l’idea politica più bella dell’ultimo decennio, un laboratorio di coraggio e di trasparenza. Chi si tiene lontano da noi per paura dei nostri uomini e dei nostri metodi, chi non digerisce Parrasuni, si assume la responsabilità di stare dalla parte di chi desidera che Sant’Andrea rimanga nel medioevo.


I nostri iscritti non riceveranno ordini di scuderia, perché non siamo una scuderia, dove risiedono asini e cavalli, ma un gruppo di persone libere. Certo nessuno può impedirci di pensare che dopo il famoso spostamento del Busto, verso il museo delle memorie, ci potrebbe essere uno spostamento di bellimbusti. Verso il museo dell’oblio.

Allegato: il mistero della capacità di giudizio scomparsa
Che il bollettino di militanza di un partito virtuale, riesumato dopo sette anni, giusto in tempo per seminare fumo elettorale, e i sostenitori di una maggioranza con la coscienza così a posto da aver bisogno di esorcizzare il fantasma del quorum con un trucchetto da scrivania, accusino noi di voler sfuggire al “giudizio degli elettori”, può sembrare solo un paradosso. Ma c’è di più. La disponibilità a queste contraddizioni, e a queste allucinazioni, è requisito indispensabile per essere rifondatore del comunismo qui a Sant’Andrea.
Se Mario Monteverdi, oltre a bere la pozione magica, si fosse anche voluto informare, se avesse assistito a qualche Consiglio comunale, per esempio, o si fosse procurato la collezione completa del vecchio Foglio di Militanza, o qualcuno dei volantini di Primavera Andreolese, si sarebbe accorto di chi ha sempre guidato i carri armati, e avrebbe avuto la possibilità di dare un giudizio più equo. Ma, entrato nella cerchia dei giusti, egli non ha, ovviamente, alcun bisogno di informarsi: fa parte di coloro che “divulgano la verità e la lotta…” (testuale da pag. 2 del nuovo Foglio di Militanza Comunista).
Rimarrebbe da capire perché, in questo momento, hanno avuto bisogno di stuzzicare proprio noi: hanno solo paura di perdere le elezioni, o hanno paura, in assenza del nemico storico, di non essere credibili e interessanti, mentre parlano del Chiapas e della Mesopotamia ad anziani e maleoccupati andreolesi che non hanno più abbastanza soldi per pagare a fine mese le bollette?
Cosa bisogna aspettarsi in futuro (nient’affatto garantito...per nessuno) da Civitas? Semplicissimo. Resteremo al nostro posto. E continueremo a tenere gli occhi aperti, e a raccontare quello che, secondo certe logiche, non dovrebbe essere raccontato. Continueremo a parlare, in modo chiaro e diretto, di politica locale, senza sottintesi. Naturalmente, cosa dire, come dirlo, quando dirlo, lo decidiamo noi. Con buona pace di Monteverdi e compagni, e di ogni altra forma di moralismo nostrano, un po’ interessato e bigotto, ma sempre più di moda.

Pasquale Cosentino




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Assemblea di Civitas del 17 aprile 2005
relazione del presidente Pasquale Cosentino

Ho presentato, come vuole lo Statuto, al Direttivo le mie dimissioni dalla carica di Presidente e da membro del direttivo stesso, ma ho voluto inserirle nell’odg di questa assemblea perché mi sembrava giusto comunque comunicarle a tutti. Tecnicamente oggi non siamo qui per eleggere il nuovo presidente ma solo per raccogliere qualche eventuale nuova disponibilità di ingresso nel direttivo (art.15) che poi eleggerà al suo interno (art. 20) il presidente.

Le mie dimissioni erano già annunciate per subito dopo le elezioni, e non dipendono, ovviamente, dall’esito delle elezioni stesse. Ragionando con me stesso, ho ritenuto di dover prendere atto di tre cose:

1. Innanzitutto che l’enorme lavoro d’informazione nel quale ho creduto fortissimamente, e nel quale mi sono impegnato, serve ancora a poco. La maggior parte degli andreolesi preferiscono sapere, dell’attualità che li riguarda e dell’attività amministrativa, ciò che racconta in piazza, tra il serio e il faceto, la propaganda ufficiale, e si accontentano di una verità che non è quella dei fatti. Più in generale i luoghi comuni, e le menzogne create ad arte, a Sant’Andrea hanno più forza di una verità documentata. Questo ovviamente non significa che il lavoro fatto sia stato inutile o che non meriti di essere continuato. Se anche una sola persona avesse alzato la testa e preso coscienza, allora valeva la pena di spendere le energie che si sono spese. In ogni caso abbiamo consegnato alla piccola storia di questo paese un mare di documentazione su fatti che un certo gruppo politico avrebbe tramandato, come sempre ha fatto, a modo suo. Io spero che questo lavoro vada avanti. Non diventando più buonista, ma più efficace.

2. In secondo luogo, non mi posso nascondere che con la mia presidenza c’è stata una notevole emorragia di iscritti, come dimostra il bilancio che abbiamo appena approvato. Può darsi che con l’approssimarsi delle elezioni gli “stregoni professionisti” (uso una loro espressione) abbiano intensificato la loro predicazione porta a porta, cercando ulteriori proseliti proprio tra gli avversari. Ma se questa emorragia dipende da me, come qualcuno dice in giro, allora sono contento di lasciare libera l’associazione, e di lasciare libero me stesso, naturalmente, perché non ho nessuna intenzione, finché vivrò a Sant’Andrea, di firmare con il mio personale silenzio nessuna pace ingiusta. Io continuerò a parlare, a scrivere e a comportarmi da uomo libero. In ogni caso, la delusione per l’ostentata (e ingiustificata) improvvisa e recente presa di distanza di alcuni amici della prima ora, o di tanta gente che è stata con noi finché si è trattato di mangiare o di festeggiare, o finché di noi ha avuto bisogno, è grande.


3. Terzo, io rimprovero a me stesso l’andamento delle cosiddette “consultazioni”. Se potessi tornare a quel fatidico 20 settembre, che è la data in cui abbiamo mandato a dei partiti che virtuali erano, e virtuali si son dimostrati ancor di più oggi, la famosa lettera che li invitava a far parte di una specie di comitato di liberazione locale, se potessi tornare a quel 20 settembre in cui abbiamo operato una generosa apertura assolutamente mal ricambiata (appena avrò un po’ di tempo voglio mettere su carta la “cronologia” di queste consultazioni, la successione impressionante di errori inspiegabili, per non dire altro) oggi mi muoverei, e in prima persona, in tutt’altro modo. Oggi farei le consultazioni come si fanno di norma. Le farei verificando le nostre disponibilità, come le uniche disponibilità qualificate e reali, e non quelle di chi non poteva presentare nessuna credenziale e nessun curriculum. Allo stesso modo sarei molto più rigido rispetto a ogni sfilacciatura della nostra associazione e rispetto alle spinte centrifughe di chi, al pari dei funzionari dei partiti virtuali, aveva finito per condividere l’idea che dopo aver fatto da soli 5 anni di opposizione dovessimo necessariamente “fare un passo indietro” rispetto non si sa bene a chi.

Queste tre cose sono la mia sconfitta, o la mia parte di sconfitta. Detto questo però, fatta questa assunzione di responsabilità, è evidente che le elezioni non le ho perse io, e non le ha perse Civitas. Al contrario, chi le ha perse le ha cominciate a perdere proprio prendendo le distanze da Civitas, dai suoi uomini migliori, dal suo organo di informazione che rappresenta uno squarcio di novità nel grigiore di questi anni andreolesi senza paragoni, e soprattutto rifiutandosi di recepire la sostanza delle questioni concrete che abbiamo coraggiosamente sollevato. Le ha perse perciò chi avrebbe dovuto, pur con tutte le allergie, riflettere sul senso profondo della nostra esperienza. Le ha perse chi ha iniziato un tentativo alla “vecchia maniera”, con due o tre persone che decidono cosa è bene per tutti (e quando due o tre persone vogliono decidere cosa è bene finisce sempre male), le hanno perse i partiti di destra (la cui bacheca serve di solito per fare pubblicità a una marca di pane) e di sinistra (che non trovano di meglio, in un paese così mortificato, che esultare per il loro secondo o terzo posto in classifica). Le ha perse un tentativo che fin dal nome, “ora et labora”, si è dimostrato incapace di qualunque analisi seria del nostro contesto specifico, e incline a un moralismo francamente stomachevole, ad uno pseudopacifismo salottiero, che andava incontro alla richiesta più ipocrita e pressante dei nostri avversari (con le loro bandiere, marce, cartelli, e persino il nome della lista civetta) e che è diventato (al pari del “vino bello e fino”) un luogo comune interessato all’ombra del quale, nella quiete e nel silenzio, determinate corporazioni difendono i propri privilegi.


Questo luogo comune, questo moralismo, si è fatto strada anche tra di noi, e ci ha forse indotto a interiorizzare l’idea che fossimo noi “il problema”, noi i portatori di litigiosità. Personalmente penso e spero di essere un uomo senza troppe certezze, ma una cosa mi appare assolutamente chiara: sono certo, in coscienza, di non aver mai operato nessuno sconfinamento sulle questioni personali. Né ho mai raccontato altro che non risultasse, dai documenti e dall’esperienza fatta, vero. Ma rispetto al ruolo pubblico, svolto da chicchessia, e rispetto alle responsabilità politiche, io chiamo le cose con il loro nome, e le persone con il loro nome e cognome. Io non “divulgo la verità e la lotta”, come dice il giornalino di Rifondazione Comunista, ma rivendico, come dice don Luigi Ciotti, “il mio diritto alla rabbia”. In determinate situazioni, restare a guardare, essere neutrali, non significa favorire la “pace”, ma unicamente “rafforzare la forza del prepotente”.


Se noi raccogliamo poche simpatie perché ci esprimiamo con troppa chiarezza, c’è evidentemente della gente che voleva essere rappresentata in questo modo chiaro. Che voleva continuare a vederci sempre più chiaro. Che voleva continuare a sentirsi difesa e incoraggiata. Abbandonare questa strada ha consentito a Primavera Andreolese di triplicare il distacco. “Dire che la persona è al centro – ha scritto il Cardinale Tettamanzi nel suo ultimo discorso annuale per Sant’Ambrogio – “significa tornare a una riflessione sulle virtù civili necessarie per l’oggi e a una conseguente pedagogia: giustizia, solidarietà, amore alla verità, onestà, fedeltà, saggezza, vigilanza sulla parola. E su ciò che, essendone l’esatto contrario, non serve e va bandito: il protagonismo, il parlare a vanvera, l’infedeltà, la disonestà, la parzialità, la menzogna, la schizofrenia costante tra le parole e i comportamenti… senza vani moralismi si deve ripartire da qui nell’educazione dei cittadini e in particolare nei comportamenti della classe politica…”

Il nostro paese vive una malattia cronica che non sappiamo se e quando potrà essere guarita. Quali siano le virtù civili da ricostruire non lo dico io, ma qualcuno più qualificato di me. Quanto sia importante il dialogo/incontro tra esperienze diverse, e quanto siano necessari la valorizzazione della «laicità» e il coraggio della verità, non lo dico io, ma analisti molto più qualificati di me. Per la maturità e per la fondatezza delle sue istanze e dei suoi metodi, per l’aderenza concreta del suo progetto alle esigenze vere di questo paese, sono convinto che Civitas sia l’idea politica più bella degli ultimi 50 anni a Sant’Andrea. Noi abbiamo realizzato il dialogo e la sintesi innanzitutto fra di noi, perché abbiamo iniziazioni e radici culturali molto diverse, e poi all’esterno, perché abbiamo sempre discusso a porte aperte. Non avevamo perciò bisogno di lezioni sul finto dialogo, inteso come mera ostensione dell’altra guancia. Certo Civitas deve decidere cosa vuol fare del suo futuro. Decidere se limitarsi a far concorrenza ai professionisti dell’intrattenimento nell’offrire circenses alla plebe, o tornare a muoversi come un soggetto politico vero, che non è tenuto a fare “passi indietro” rispetto al primo venuto. Ciascuno di noi ha un suo partito, come riferimento dalla Provincia in su, ma prendere la tessera di Civitas ha senso solo se a livello locale si è disposti ad abbandonare il gioco delle sigle, e si crede davvero che l’iniziativa civica sia l’unica strada e la sola priorità.

Concludo ringraziando tutti. A partire da Saverio, Enzo, Maurizio, Gerardo e a tutti quelli che, con Ciccio, hanno reso possibile un quadriennio e qualcosa che ha visto entrare aria fresca in stanze che sembrano irrimediabilmente ammuffite. E non mi riferisco a risultati finanziari o edilizi, ma al fatto che non hanno preso decisioni passando per “botteghe oscure”, non hanno perseguito obiettivi personali, e non hanno messo in atto ritorsioni. Da questo seme è nata Civitas, con Civitas è nato Parrasuni e tante altre esperienze, discussioni e manifestazioni importanti. Grazie poi a quelli che sono stati in due diversi direttivi assieme a me, e a tutti gli altri che, in vari modi, hanno partecipato a questa bella esperienza, che era giusto vivere e condividere. Da tutti io so di avere imparato qualcosa.

Chi è allergico a queste novità, a questi metodi, a questa trasparenza, a questi uomini, a questo modo di scambiare esperienze e amicizia, non deve far altro che assumere sufficienti dosi di un adeguato antistaminico.

Pasquale Cosentino