martedì 26 ottobre 2004

Un pozzo profondo, ma pieno di fandonie


Quella del “pozzo” in Marina è stata la più penosa delle tante speculazioni di Primavera Andreolese. Penosa perché portata avanti per tutto il decennio, cambiando ripetutamente le carte in tavola, e perché, come vedremo, pur contraddetti dalle evidenze, hanno sempre continuato a mentire, ben sapendo di mentire.

L’amministrazione Cosentino, com’è noto, aveva lasciato in eredità un’opera (pozzo e condotta di avvicinamento, impresa Spinzo) costata 150 milioni di fondi di bilancio. Non fu trovata la quantità d’acqua sperata. Il sindaco dell’epoca fu accusato di aver fatto scavare in un punto diverso da quello indicato dal geologo. “E così – dichiarò il vicesindaco Stillo al “Quotidiano” del 29 agosto 2000 (dichiarazione che si accompagnava all'abituale autoincensamento per il presunto "ricco programma di manifestazioni estive che ha registrato il pienone") – l’amministrazione si vedrà costretta ad usare i 600 milioni d’avanzo nel conto consuntivo 1999, per realizzare il pozzo nel sito iniziale”.

Pochi mesi dopo (Consiglio comunale del 28 dicembre 2000, e pubblica assemblea del 31 gennaio 2001) il sindaco in persona raddoppiava: i nuovi pozzi promessi diventavano addirittura due. Veniva conferito incarico all’ing. Nino Stefanucci, a marzo 2001.

Intanto l’amministrazione decideva l’allaccio (dopo una prima analisi dell’acqua, per loro stessa ammissione, “sommaria”) al pozzo agricolo di un privato, in località Crapezzone. ”Esisteva già - affermerà il sindaco — non l’abbiamo inventato noi. Però noi abbiamo deciso di sfruttarlo”. Naturalmente nemmeno la condotta idrica, e la rete elettrica utilizzate, avevano inventato loro. Anche quelle esistevano già, e facevano parte, assieme ai soldi rimasti e utilizzati per allungare l’allaccio fino a Crapezzone, del famoso lavoro di 150 milioni dell’amministrazione precedente, che si rivelava quindi, a ben guardare, indispensabile, nella sua parte più importante. Non a caso, il 24 febbraio del 2002, oggetto delle lagnanze del sindaco, in assemblea pubblica, non era più il luogo scelto per scavare il vecchio pozzo, ma le dimensioni della condotta realizzata dal suo predecessore, capace di portare “solo” 12 litri al secondo. “Presto avremo un pozzo – annunciava con solennità – capace di fornire 30 litri al secondo d’acqua potabile, che ci permetterà di affrancarci dalla fornitura della Regione”.

Con la certezza di tale affrancazione, tutti si rilassano per circa due anni e mezzo, eccezion fatta per i guerriglieri di Civitas che continuano a “turbare l’ordine pubblico” pronunciandosi su queste (e su tante altre) promesse da marinaio.

Il 27 settembre 2004, tre anni e mezzo dopo l’assegnazione, viene revocato all’ing. Stefanucci l’incarico per la realizzazione dei 2 pozzi. Motivazione: “non ha ottemperato agli adempimenti affidatigli”, e, nel frattempo, l’amministrazione si è allacciata a Crapezzone, “i cui lavori – ammette finalmente questa delibera - necessari a tale utilizzazione sono stati eseguiti e spesati...” dalla precedente amministrazione! Vediamo tutto il documento:


Fine della storia? Non proprio. Come abbiamo visto sopra, dopo la revoca, con i soldi risparmiati, l’amministrazione si decide per una nuova opera, “idrica e fognaria”. Chi sarà, dopo un mese, il professionista incaricato per un nuovo progetto da realizzare per via della mancata “ottemperanza agli adempimenti” di un altro? Delibera 93 del 26/10/2004: il professionista è sempre lui, l’ing. Stefanucci Nino, “tecnico di fiducia di quest’amministrazione”. Un “tecnico di fiducia” non si butta via solo perché, per una volta, non ha ottemperato alle ottemperanze! Leggere (o stampare) per credere:


Questa la cronologia, e le carte. A ciascuno il suo (libero) giudizio. Ai posteri la (non ardua) sentenza!