giovedì 16 ottobre 2008

Un utile..."ripasso"


Tra i 63 commenti a un articolo pubblicato il 6 ottobre 2008 sul celebre blog di Emanuele Codispoti (uno dei pochi strumenti di libera informazione, in questi anni di nicodemismo volgare) spiccava quello di Mario Monteverdi, di questo tenore:

[…] vorrei tornare su quanto scrive l'amico Luca, che, va detto per i lettori meno attenti, è presidente di Civitas mentre io sono iscritto a Rifondazione...
Io in parte ammiro e in parte diffido della capacità di Luca di avere certezze sul periodo che va dal commissariamento (1992) all'insediamento della giunta di Ciccio Cosentino (1995), passando per la breve giunta Stefanucci. Periodo in cui io ero poco interessato alla politica locale e cosi come credo anche Luca che nel 1992 se non erro aveva 14 anni di età e ovviamente 17 nel 1995. Evidentemente le sue convinzioni nascono da un attenta rilettura delle carte avvenuta, credo vada detto, nell'ambito di una sola parte politica.
Io, invece, che ho avuto la (s)fortuna di sentire sia la campana di sinistra, sia quella dell'amico Pasquale Cosentino (ex presidente di Civitas), di certezze sulla politica locale degli anni 90 non ne ho e infatti mi riferisco a quel periodo usando termini quali "mi pare che" o similari. Niente "verità storiche" per quanto mi riguarda e rileggendo quanto scrive Luca resto coi miei dubbi e mi (vi) pongo alcune domande:
Luca scrive: "un momento di estrema difficoltà economica dovuta all' incapacità amministrativa certificata dal commissariamento di coloro che in precedenza erano stati al governo... del comune"
Ebbene, il commissariamento del comune nel 92 non è avvenuto per incapacità degli amministratori ma per infiltrazioni mafiose che poi si rivelarono una bufala e tutti furono prosciolti.
Non mi pare che i comuni possano essere commissariati se c'è una incapacità amministrativa, semmai, ove fosse, tocca ai cittadini giudicare gli amministratori e la loro parte politica non rieleggendoli, o sbaglio?
Ma dando per buona l'idea di Luca che gli amministratori e la loro parte politica (DS o all'epoca PDS ex PCI) fossero incapaci e portarono il paese alle difficoltà dell'epoca (disastro direbbe Luca), mentre invece l'amministrazione di Ciccio Cosentino l'avrebbe risanato, allora mi (vi) pongo altre domande:
Quando si insediò la giunta Cosentino (giugno 1995) quanti soldi c'erano nelle casse comunali? a sentire i fan di quella giunta non c'era un soldo anzi eravamo sotto, invece secondo altri i soldi c'erano e bisognava programmare come spenderli. Qualcuno, carta alla mano, mi sa dire come si chiuse il consuntivo 1995?
E poi, aldilà della domanda tecnica precedente ne pongo altre più politiche:
La candidatura di Ciccio Cosentino non nacque dall'accordo degli ex Dc proprio con quei DS che avevano (secondo Luca) portato il paese al disastro?
Il principale partito che sosteneva la giunta di Ciccio Cosentino non erano proprio quei DS?
Come mai il sindaco (Ds) che fu commissariato nel 92 entrò nella lista di Ciccio Cosentino nel 95 e ricoprì il ruolo di Vice Sindaco fino al 2000? Non era uno dei responsabili del disastro secondo Luca?
Un assessore dei più importanti (al bilancio mi pare) della giunta di Ciccio Cosentino, all'epoca non era esponente di spicco proprio di quei DS responsabile del disastro sempre secondo Luca?
Come mai, secondo voi, i DS prima del 95 erano mangiatori di bambini, mentre quando sostenevano Ciccio Cosentino ci si andava a mangiare insieme in "caseddhe" e "catoi", e poi quando hanno rotto con Ciccio Cosentino sono tornati ad essere mangiatori di bambini?
Sinceramente le risposte non le so e credo sfuggano anche a Luca come a chiunque quelle cose non le abbia vissute di persona, posso supporre che alla sfera politica si sia sovrapposta quella personale dei rancori in entrambe le parti, e quando entra in ballo la questione personale si perde del tutto l'obiettività già scarsa tra chi fa politica.
In ogni caso le domande di cui sopra me (ve) le pongo comunque e per tornare a Luca che indica la luna e io vedo solo il dito, rispondo che quando un tale, fosse anche un amico come Luca oppure un compagno di partito, mi indica la luna in questioni di politica (o anche di soldi:)), io non guardo ne la luna ne il dito e addirittura neanche il tale il cui dito indica (o dice di indicare) la luna, bensì mi chiedo per quale scopo e che interessi abbia quel tale che mi sta indicando la luna...
(Mario Monteverdi, 15 Ottobre 2008)
Questa che segue è la mia lunga risposta, pubblicata il giorno seguente:


Carissimo Mario,

rieccoci qui a perdere tempo per ripetere cose che tu – te lo dico, come sai, senza nessuna acredine – farai finta, come sempre, di non sentire e di non capire, per ritornare da domani a ripetere una filastrocca che è sempre quella “ufficiale”, quella “vincente”, quella che furia di essere ripetuta, e ad ogni buon conto, stalinianamente finirà anche per essere creduta. Quella che anche a te, che giustamente ti presenti come uomo del dubbio ma trasudi convincimenti mai documentati, hanno consegnato. Negli anni 90 sei stato fuori e non ti sei interessato, ma, oggi, se anche ti mostrassimo tutti i documenti del mondo, più evidenti ed eloquenti di qualsiasi velleità di interpretazione, torneresti sempre, come si dice da queste parti, “a coppe”. E’ una necessità, non tua, ma del sistema. “O’ sistema”, direbbe Saviano, che nel 1992 se non erro aveva 13 anni di età eppure si concede il lusso di una libera (e liberante) analisi di certi meccanismi.

Lo dico per esperienza di tante conversazioni passate, ma lo deduco anche da come parli della “verità storica” e delle “carte”, le quali, a mio avviso, non possono aumentare o diminuire il loro coefficiente probatorio a seconda di dove sono lette. O sono apocrife, o hanno natura di prova documentale. Poi ognuno si documenta, se lo ritiene importante, o se fiuta il pericolo della disinformazione, dove, quando e come meglio crede, ma è perfettamente inutile che, se una carta “canta”, il villan dorma, o faccia finta di dormire, o si impermalisca per la canzone.

Il fatto che poi tu definisca “di sinistra” la “campana” alternativa a quella di Civitas è già indizio di un approccio dogmatico e ostinato, perché sai benissimo che Civitas ha raccolto al suo interno (e ci sarà un perché politico) persone di diversissimo orientamento, mentre i valori della sinistra (il disinteresse? La giustizia? Il coraggio della verità?) sono tutti da dimostrare se riferiti a tanti pretoriani dell’attuale maggioranza. Anzi, credo, se non ti dispiace, che il problema sia esattamente questo: il non voler accettare, da parte di persone come te, il fatto che essere di sinistra non può significare, solo perché si risiede a sant’Andrea, dover necessariamente prendere per buone le continue prese per il culo che questa caricatura di dirigenza sinistroide paesana di volta in volta impone o propone, in nome di un’etichetta “post-it”. E io, che non accetto di dover ricevere la patente di sinistra da gente che può guadagnare con poltrone politiche, istituzionali o di partito, 10/15 mila euro al mese, ci metto venti secondi a farti un elenco di “compagni” ex fascisti, ex postfascisti, ex berlusconiani ed ex predicatori anticomunisti. E te lo faccio, naturalmente, con nomi, cognomi, e riferimenti precisi, perché si tratta di cambiamenti persino leciti, ma di interesse collettivo, e la questione non è personale ma pubblica, almeno nella misura in cui si tratta di decidere quanto e cosa il volgo e i militanti devono scambiare per oro colato.

A ciò si collega il discorso su Frustagli e su Pietro Aloisio, ripetuto ancora, come una litania, quando mille volte abbiamo dimostrato che è argomentazione di nessun valore, non fosse altro perché è facilmente ribaltabile: da un altro punto di vista sono entrambi valorosi compagni “doc”, se e fin quando rispondono “signorsì”. Analogamente, e per la stessa logica, per un giudizio sul PCI-PDS-DS (sul nome futuro aspettiamo…chiarimenti), e su come questo giudizio è cambiato e “cangiante”, tu, “iscritto a Rifondazione” non hai che da rileggerti le vecchie annate del “Foglio di militanza comunista”. Io stesso posso inoltre, se vuoi, accompagnarti da diversi notabili di oggi e di ieri, per vedere se ritrattano le irripetibili sentenze dell’altroieri. Estremamente interessante potrebbe essere, poi, un’analisi più approfondita di quella che tu definisci “la rottura” con Ciccio Cosentino, per verificare quanto essa abbia a che fare con la riduzione, in quegli anni, delle “prerogative” di quelle che secondo me sono le tre “caste” (preti, politicanti e ingegneri) che hanno le mani su questo paese. Partendo magari dalla constatazione che, nell’ultimo quarto di secolo, tutti i sindaci DS (dico così per brevità), o sostenuti dai DS, o diventati velocemente DS, sono, ad eccezione proprio della breve parentesi Frustagli e Cosentino, tutti ingegneri civili.

Ma torniamo al punto. “Il commissariamento del comune nel 92 – tu scrivi – non è avvenuto per incapacità degli amministratori ma per infiltrazioni mafiose che poi si rivelarono una bufala e tutti furono prosciolti…” (e risarciti, aggiungo io). Senz’altro. Di fatto seguì però un dissesto finanziario (che significa “disastro” e non “difficoltà”), e che è la massima espressione del fallimento di un’amministrazione, dichiarato con Delibera di C.C. n. 42 del luglio 1991. Ancora altre motivazioni (tutte interessanti da indagare) avevano comunque avuto la caduta del Consiglio quando Samà passò la mano a Frustagli, e poi l’altro commissariamento seguito alla fuga della giunta Stefanucci, la cui compagine tenne per 18 mesi il paese in una situazione di inerzia e di stallo molto simile a quella attuale (la differenza è che il tuo partito allora prese alcune posizioni pubblicamente, mentre oggi le vere lettere di sfiducia vengono democraticamente inviate per posta più che riservata, affinché il volgo profano non abbia a sconfortarsi). La giunta Cosentino si insediò a dicembre, e non a “giugno” del 1995, e se soldi c’erano in cassa (in attesa che dalle tue parti si faccia chiarezza su come si deve giudicare un avanzo di amministrazione), questi emersero semmai dopo un anno, dal consuntivo del 96. Quanti fossero questi soldi abbandonati all’attivo, esaminati in doppia colonna per esempio con annate intere di acqua da pagare alla Regione, con i contributi non versati a quel personale oggi così ossequioso, con le mille spese legali da sostenere, e con una miriade di altri debiti piccoli e grandi semplicemente fino ad allora ignorati, è cosa che non dovrebbe essere difficile determinare con esattezza. Ma su questo torneremo. Voglio darti altri dati sul dissesto: debito complessivo £ 2.504.000.000; mutuo per il comune: £ 2.885.248.614; quota di bilancio ceduta: £ 454.450.220; ulteriori spese legali £ 100.000.000 (tra cui quelle per il rimborso delle spese sostenute dai consiglieri dello scioglimento per la loro difesa in giudizio); chiusura del dissesto: novembre 1999.


Ma c’è anche altro da considerare, come l’incredibile e colpevole non inserimento di tutta una serie di debiti precedenti nella delibera 42/91, e soprattutto le allucinanti storie dell’area Jannoni e dell’area 167, che ebbero per protagonista principale – assieme al Sindaco Samà – l’allora ministro delle finanze paesane Pino Commodari (che non ha mai avuto problemi di esser giudicato – come dici tu – dagli elettori, perché se non lo eleggono ha dimostrato di sapersi eleggere da solo), responsabile di aver lasciato dormire le carte nei suoi cassetti tutto il tempo necessario a far scadere i termini e perdere l’occasione di chiudere la pendenza a totale carico dello stato. Un danno da poco, a occhio e croce di un miliardo e 300 milioni delle vecchie lire. Che furono pagate, assieme a tante altre, da chi secondo noi non “avrebbe”, ma “ha” risanato questo paese. Questa storia (da noi di Civitas già illustrata con riproduzione dei documenti originali in Parrasuni 24.01.03 pagg.6 e seguenti) io te la ripeto sempre volentieri, e facendo, come al solito, nomi e cognomi, trattandosi di questioni di pubblico interesse, delle nostre tasche, del nostro futuro, e della nostra intelligenza. La storiella dei “rancori”, delle “questioni personali”, delle “strumentalizzazioni”, tirata pateticamente in ballo ogniqualvolta si rompe il silenzio d’ordinanza, non attacca. Perché, come ti ho spiegato mille volte, un conto è non colpire la sfera privata di nessuno, un altro conto è accettare che quattro feudatari con accozzaglia di seguaci obbedienti e organizzati (quasi mai in buona fede) pretendano di dettare e di scrivere – come stanno da sempre tentando di fare – la storia di questo paese. Fortuna che dalle nostre parti la mafia (non la mafiosità, non la mentalità mafiosa) sia una “bufala”. Diversamente, se volessimo contrastarla, ci accuserebbero di avere una questione personale con i boss.

A tutto questo il gruppo di Civitas continuerà a dire di no. E lo faremo, come tutti sanno, con i nostri tempi e i nostri modi. Altri “scopi” o “interessi” ci sembrano difficili da individuare anche perché non stiamo ricoprendo (cosa che ci avete anche rinfacciato) cariche pubbliche. Se avessimo buoni scopi, del resto, sarebbe inutile e sciocco ostinarsi a rimanere in partibus infidelium. Sugli scopi e sugli interessi di tanti altri, invece, credo che tu abbia ancora parecchie coraggiose domande da farti.

Ma voglio lasciarti con una proposta. Andiamo io e te al Comune e chiediamo le due delibere e ogni altra carta che riguarda il dissesto, le copie di tutti i bilanci, le determine di spesa, le delibere e ogni altro documento utile di questi anni. Chiudiamoci in una stanza e studiamo il chi, il quando, il come, il perché, del dissesto. Chiediamo la consulenza di un esperto. Poi rendiamo pubbliche le conclusioni. E se qualcosa rimane ancora oscuro, se resiste qualche rata incomprensibile, per esempio, o qualche determina strana, se rimane il dubbio di qualche responsabilità individuale non sufficientemente accertata, magari per un eccesso, come direbbe Totò, di “democrazia cristiana”, andiamo insieme alla magistratura contabile e a quella ordinaria, a chiedere di fare luce. Io non ho paura di quelle stanze, ho già tre procedimenti penali in corso, e, per il momento, me li pago da solo.

Al di fuori di questa possibilità, Mario, restano le chiacchiere. Inutili, nella migliore delle ipotesi.

Per tutto il resto, io, in un paese con concreti e reali problemi di lavoro e di futuro, non credo nel volontariato. Non credo nelle onlus, non credo nelle pro loco, non credo nelle associazioni, con o senza tuta, non credo nei cori, non credo nei circoli, non credo nelle parrocchie, nei concerti, nei buoni sentimenti, nelle feste, e nelle tradizioni. Non credo, in generale, nelle manifestazioni e nelle parate. Non ci credevo nel 1999, quando per ordini superiori nessuno era disposto a far niente, meno che mai ci credo adesso. Più in generale, al di là della vostra giornata ecologica, non credo che l’elemento volontaristico abbia a che fare con la solidarietà. Non credo in tutte quelle iniziative che restituiscono un tornaconto psicologico, e qualche volta anche monetario. Non credo che distribuendo risorse e contributi un’amministrazione debba rifarsi il trucco ed acquistare clientes. Pretendo di essere amministrato in una cornice di diritto, con efficienza, equità e giustizia. Non mi piace quando si viene arruolati per fare la supplenza a istituzioni locali che boccheggiano, sorde, cieche e inefficienti, e non mi piace il bigottismo con cui si rampogna chi non vuole arruolarsi. Sono capace di accorgermi che questo viene fatto soprattutto in determinati momenti, e secondo modalità non condivise. Convintissimo di questa scelta non faccio calcoli, e non mi piace nominare il nome di Dio, e quello della cultura, invano.

Ma il tema principale era l’ecologia. E il boccone più indigesto del mio precedente intervento era l’uliveto, le migliaia di ulivi secolari distrutti, a Taverna e Unusa. Con prossima lottizzazione in arrivo. Però su questo tutti hanno glissato. Secondo una consegna, di tombale silenzio, che è la stessa per cui uno dei Pignari, temendo di essere “strumentalizzato”, ha deciso di suicidarsi.
Cordialmente,
Pasquale Cosentino